Esperimento Pitești: il genocidio dell’anima

L’esperimento Pitești dimostra quanto possono essere ignobili gli esseri umani verso i propri simili

Durante l’epoca comunista, la Romania è stata teatro di uno dei soprusi più cruenti della storia, l’esperimento Pitești.

Tra il dicembre deĺ 1949 ed il settembre del 1952, il carcere di Pitești, ideato per rieducare i prigionieri politici, divenne l’anticamera dell’inferno.

Quello che subì un gruppo di carcerati dissidenti è paragonabile agli esperimenti condotti da Mengele in Giappone sui prigionieri cinesi.

Purtroppo, questa storia è molto meno famosa, come se la vita di alcuni esseri umani avesse ancor meno valore della vita di altri.

Nel 2010, è uscito un libro intitolato “Musica per lupi”, scritto da un giornalista italiano, Dario Fertillo, che ha riportato alla luce questa tragagica pagina di storia.

Esperimento Pitești, ecco come tutto ha inizio…

Nel 1949, nel carcere di Pitești, un gruppo di detenuti, sotto la guida della guardia carceraria, collabora ad un terribile progetto di riabilitazione.

Lo scopo dell’esperimento è quello di rieducare i giovani prigionieri politici sostenitori della Guardia di Ferro fascista, membri sionisti della Comunità ebraica romena.

Lo scopo ultimo è che i prigionieri abbandonino gli ideali politici e religiosi per indebolire la loro personalità e portarli ad uno stato di obbedienza assoluta.

Uno dei protagonisti è Eugen Țurcanu, un giovane attivista della Guardia di Ferro fascista, che nel 1949, con la salita al potere del Partito Comunista, fu incarcerato in questa struttura.

Țurcanu, durante la sua detenzione, si converte al partito, probabilmente per convenienza e forma un gruppo di convinti comunisti.

Un’organizzazione con il compito di annullare la personalità dei disobbedienti

Il leader dell’esperimento Pitești è il colonnello Teodor Speanu, il comandante in capo Alexander Nicolschi, alcuni membri della sicurezza interna del partito e l’ODCC.

L’ODCC , acronimo di Organizația Deținuților cu Convingilor Comuniste è il gruppo formato da Țurcanu posto in un’ala isolata del penitenziario apposita per l’esperimento.

Il programma rieducativo, secondo protocollo, prevede 3 fasi di annullamento della personalità dei dissidenti e la “riprogrammazione mentale”.

I metodi di annullamento si basano su torture fisiche e umiliazioni psicologiche inflitte dai detenuti dell’ODCC.

L’ideatore di questo sistema rieducativo è il pedagogo Anton Makarenko, convinto che nessuno meglio di un delinquente possa educare un altro delinquente.

Le 3 fasi dell’esperimento Pitești

Le fasi di rieducazione vengono chiamate “smascheramenti“.

La 1°fase, lo “Smascheramento esterno”, prevede una serie di interrogatori dove i detenuti sono costretti a confessare i crimini contro il comunismo.

Mano a mano che l’interrogatorio procede aumenta di intensità e prevede torture fisiche stile inquisizione.

La parte diabolica di questa fase è che le torture sono inflitte da altri detenuti della stessa categoria, in modo da rompere i legami di fiducia.

La 2° fase, lo “Smascheramento interno”, obbliga il prigioniero a denunciare i prigionieri che durante la prima fase sono stati meno violenti.

Questa tattica psicologica, con il tempo, porta ad un clima di violenza inaudita, il più brutale è quello meno punito.

Nella 3° ed ultima fase, lo “smascheramento pubblico “, il prigioniero deve rinnegare tutti i suoi ideali, legami affettivi e tutto ciò che aveva a che fare con la sua vita prima della carcerazione.

Torture ed umiliazioni tra una fase e l’altra

La parte più dura, quella mirata a distruggere psicologicamente il soggetto è quella delle torture fra uno smascheramento e l’altro.

Lunghi periodi di lavoro forzato ed umiliante, come pulire il pavimento tenendo lo straccio in bocca, si alternano a torture fisiche.

Per tortura fisica si intende coprofagia forzata o immersione della testa del detenuto in secchi di urina.

Non mancano certamente le torture psicologiche come la privazione del sonno o la blasfemia nei riguardi dei soggetti religiosi.

Durante tutto il percorso, poi, si tengono delle sedute di studio sul comunismo stalinista a scopo di rieducazione morale.

Il processo di riprogrammazione termina quando il soggetto è considerato un “uomo nuovo” e a questo punto, può decidere se far parte dell’ODCC o essere reinserito nella società.

La fine dell’esperimento Pitești

Nel 1952, la parte stalinista del partito comunista decade lasciando il posto ad una politica basata sugli ideali socialisti proletari.

I metodi brutali adottati da Țurcanu, sono condannati dal regime che si mobilita per mettere fine ai soprusi in atto nel carcere di Pitești.

I componenti dell’ODCC vengono processati, anche se in aula emerge una situazione diversa da quella reale.

Sepeanu, Nicolschi, Dumitrescu e i membri della sicurezza interna romena sono considerati estranei ai fatti.

Țurcanu e il suo gruppo vengono accusati di aver agito di loro spontanea volontà per mettere in cattiva luce il partito comunista.

A processo concluso, i componenti dell’ODCC vengono trasferiti in una località segreta e fucilati.

Ad oggi,non si conosce con precisione il numero delle vittime di questo atroce “lavaggio del cervello”, la stima varia tra i 1000 e i 5000 soggetti.

Il carcere di Pitești, dopo le condanne viene abbandonato e nel 1991 viene abbattuto, al suo posto c’è un’ iscrizione in memoria delle vittime del più atroce esperimento sociale del blocco sovietico.

Ogni vita ha un grande valore.

Ho voluto portare questa storia perché nonostante non sia molto conosciuta, non è meno importante di altre ingiustizie avvenute nei gulag o nei campi di concentramento nazisti.

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